Il lavoratore cittadino di paesi terzi che svolge la sua attività in Italia viene assoggettato alla legislazione previdenziale e assistenziale italiana in base al principio della territorialità dell’obbligo assicurativo, sia che questi sia assunto con un contratto di lavoro a tempo determinato sia indeterminato. Anche i lavoratori stranieri vengono quindi equiparati agli italiani nella soggezione al regime assicurativo e previdenziale.
Un regime particolare è invece previsto per i lavoratori stagionali, i quali beneficiano solo di alcune forme assicurative (pensioni, infortuni, malattia e maternità), in quanto nel loro caso i versamenti effettuati dai datori di lavoro per gli assegni familiari e per la disoccupazione non danno luogo a prestazioni ma sono versati al Fondo nazionale per le politiche migratorie e concorrono a finanziare gli interventi di carattere socio – assistenziale a livello locale a favore degli immigrati.
I lavoratori autonomi invece provvedono al versamento dei contributi dovuti all’INPS sulla base del reddito denunciato ai fini fiscali. Per i lavoratori dipendenti invece la quota dei contributi dovuti viene versata dal datore di lavoro. L’erogazione delle prestazioni previdenziali prevede l’avvenuto versamento di un certo numero di anni di contributi, sia per gli italiani sia per gli stranieri. Ad esempio:
pensione di vecchiaia: periodo di almeno 20 anni di contributi versati;
pensione di mobilità e di invalidità: periodo di almeno 5 anni di contributi versati, di cui 3 nell’ultimo quinquennio;
disoccupazione: requisiti contributivi differenti a seconda del settore lavorativo interessato.
Se il datore di lavoro non procede al versamento dei contributi, il diritto alla prestazione previdenziale non viene meno se richiesto dallo straniero interessato entro il termine di prescrizione di tre anni. Secondo le modifiche più recenti in materia di sicurezza sociale e in particolare a seguito della riforma delle pensioni che ha coinvolto tutti i lavoratori, compresi quelli stranieri, da gennaio 2012 le anzianità contributive maturate dopo il 31 dicembre vengono calcolate per tutti i lavoratori con il sistema del calcolo contributivo e non più sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di vita lavorativa.
La pensione di vecchiaia, per le donne iscritte all’assicurazione generale obbligatoria si consegue a 62 se lavoratrici dipendenti e 63 anni e 6 mesi se si tratta di lavoratrici autonome. Inoltre, l’età pensionabile delle donne sarà elevata a 66 anni entro il 2018 (età già prevista per uomini e per donne impiegati nel settore pubblico). Tutti i lavoratori devono avere un’anzianità contributiva di almeno 20 anni. Da gennaio 2012 la pensione di anzianità non trova più applicazione, sostituita dalla pensione anticipata. Per ottenere quest’ultima prestazione è necessario aver conseguito 41 anni e 1 mese di contribuzione per le donne e 42 anni e 1 mese per gli uomini.
Fonte:INPS