La disciplina contenuta nel Testo Unico sull’Immigrazione prevede che gli stranieri che siano regolarmente soggiornanti in Italia e siano in possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia, possono essere iscritti agli Ordini e Collegi professionali, elenchi speciali ed albi, in deroga alle norme che prevedono il requisito obbligatorio della cittadinanza italiana (art.37). Tale iscrizione è infatti fondamentale per l’esercizio delle professioni che prevedono l’iscrizione ai menzionati albi.
Per il conseguimento di detti titoli è altresì previsto che siano rilasciati specifici visti d’ingresso e permessi di soggiorno della durata necessaria, debitamente documentata, allo svolgimento dell’esame di abilitazione all’esercizio professionale agli studenti stranieri che abbiano conseguito la laurea in Italia (art.47 del Regolamento di attuazione del Testo Unico sull’immigrazione). Il superamento dell’esame di abilitazione, quando siano altresì rispettati i requisiti previsti per legge, comportano l’iscrizione negli albi professionali, indipendentemente dal possesso della cittadinanza italiana. Se il cittadino straniero ha soggiornato in Italia per almeno cinque anni viene iscritto prioritariamente rispetto agli altri stranieri che richiedano l’inclusione negli albi.
Il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero, ai fini della prosecuzione degli studi, è di competenza delle università e degli istituti di istruzione universitari, i quali agiscono nell’ambito della loro autonomia e nel rispetto di accordi bilaterali e convenzioni internazionali (art.48 del Regolamento di attuazione). La procedura prevista è piuttosto breve, in quanto avviene non oltre il termine di 90 giorni dalla presentazione della richiesta di riconoscimento. Se l’Università emette un provvedimento di non riconoscimento del titolo conseguito all’estero, è possibile presentare ricorso al MIUR che, se sussistono i presupposti, entro 20 giorni invita l’Università a rivedere la sua decisione. In alternativa si può ricorrere al Tribunale Regionale Amministrativo (TAR) o presentare un ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Per saperne di più sul riconoscimento dei titoli accademici consulta l’approfondimento sulla Convenzione di Lisbona, a cura del CIMEA.
Se il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero non è invece finalizzato al proseguimento degli studi, è possibile per i cittadini stranieri che soggiornino regolarmente in Italia, richiedere il riconoscimento dei titoli ai fini dell’esercizio in Italia di professioni corrispondenti, come lavoratori autonomi o dipendenti (art.49 del Regolamento di attuazione). Il procedimento di riconoscimento prevede la presentazione della domanda al Ministero competente, corredata dalla documentazione tradotta e certificata conforme all’originale dalle Autorità diplomatiche o consolari del Paese in cui i documenti sono stati redatti. Il Ministero quindi indice una conferenza di servizi con la partecipazione di tutti i rappresentanti dei Ministeri interessati e viene acquisito il parere di un rappresentante dell’ordine o delle categorie professionali interessate. Il Ministero competente dunque provvede con decreto, che può indicare l’applicazione di “misure compensative”, ovvero lo svolgimento di un tirocinio di adattamento della durata massima di tre anni oppure il superamento di una prova attitudinale.
Se lo straniero intenda esercitare le professioni sanitarie è necessario essere iscritti in elenchi speciali istituiti presso il Ministero della Salute, nei quali sono indicati tutti i cittadini stranieri che hanno ottenuto il riconoscimento dei titoli abilitanti all’esercizio di una professione sanitaria. In particolare, il riconoscimento avviene dopo aver accertato la conoscenza della lingua italiana e delle disposizioni che regolano l’esercizio della professione sanitaria in Italia. Ai fini dell’esercizio di detta professione vengono altresì riconosciuti dal Ministero della Salute i titoli accademici, di studio e di formazione professionale, complementari dei titoli abilitanti all’esercizio di una professione sanitaria conseguiti in paesi terzi rispetto all’Unione europea.
Fonte: MIUR, Studiare in Italia